Il trenino
Chi lo ha preso lo ricorda con nostalgia. A chi non lo ha mai visto raccomandiamo i video di Giovanni Duca su You Tube a cura di Italia Nostra.
La ferrovia, a scartamento ridotto, Spoleto-Norcia, fu inaugurata nel 1926: salutata, all'epoca, come una opera di alta ingegneria ferroviaria. Collegava la Valnerina con la Valle Umbra, percorrendo un tragitto di circa 51 chilometri. Partiva da Spoleto per arrivare al suo punto più alto, la galleria di Forca di Cerro, lunga quasi 2000 metri: a quota 624 m s.l.m.
Il percorso, tra gole strettissime ed a tratti sospeso su impetuosi corsi d'acqua, era ricco di opere spettacolari: come il ponte sul torrente Cortaccione (alto circa 60 m.), un viadotto sinusoidale che permetteva di attraversare la strada provinciale. Dopo il valico iniziava una lenta discesa di circa 9 chilometri, in un susseguirsi di tornanti (le famose "sei svolte"). Il paesaggio presentava piccoli e antichi castelli, viadotti e gallerie. Ce n'era anche una molto particolare, lunga 450 metri: ad andamento elicoidale, che iniziava dopo un ponte e sbucava alla base di uno dei piloni dello stesso.
L'opera fu realizzata dall'ingegnere svizzero Erwin Thomann, che già aveva progettato la famosa ferrovia del Lotscheberg. I lavori di costruzione iniziarono nel 1913 e, anche a causa del ritardo causato dalla guerra, si prolungarono fino al 1926. Il servizio di linea iniziò il 6 novembre: ebbe come primo direttore l'ingegner Paolo Basler, che per quasi trent'anni mantenne l'incarico.
La linea subì gravi danni nel corso della II guerra mondiale, con la distruzione della sottostazione di Piedipaterno ad opera dei tedeschi in ritirata nel 1944. Ma il servizio, grazie alla tenacia dell'ingegner Basler e delle maestranze, riprese il 5 ottobre 1945. Il ministro dei trasporti, Oscar Luigi Scalfaro, la notte del 9 luglio 1968 firmò il decreto di chiusura (n. 2168). Il 31 luglio l'ultimo convoglio con il capotreno Omero Ottaviani, fischiando, salutò l'ingegner Paolo Basler che, comprensibilmente emozionato, lo vide transitare dalla sua abitazione presso Caprareccia, così come lo vide per l'ultima volta il capostazione di Norcia Sig. Altobelli.
Il treno, che aveva unito la valle, che aveva permesso il commercio, che aveva riportato i figli alle loro madri, non avrebbe più sferragliato lungo il percorso. Il suo fischio non avrebbe più spaventato le mucche. Gregorio Valeri non avrebbe più fatto la levataccia mattutina per controllare la linea. Tutto finito! Gli incidenti avvenuti nei 13 anni di costruzione sarebbero stati dimenticati! L'amore , il coraggio e l'abnegazione di quanti si adoperarono per il buon funzionamento durante i 42 anni di servizio sarebbero andati perduti!
A quarantanove anni dalla chiusura, la ferrovia, che ha tutte le caratteristiche di un tracciato di alta montagna, con i suoi ponti, i suoi viadotti, i caselli e le stazioni in stile tardo liberty, rimane come provocazione e come testimonianza del gusto di un'epoca: perfettamente integrata nell'ambiente circostante, del quale, per molti versi, costituisce il naturale completamento. Insomma un'opera d'arte: come tale va tutelata e restaurata, evitando ulteriori rischi di dispersione di un patrimonio che non ha uguali.
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