San benedetto, scritta Arciconfraternita, Santa Scolastica

Foglie secche e foglie verdi


L’uomo uscì dall’ascensore e richiuse dietro di sé il cancelletto in ferro battuto badando a non sbatterlo. Quell’impianto era nato insieme al fabbricato, occupava il centro del vano scala, e la sua cabina d’epoca in legno, conferiva allo stabile un’impronta di prestigio e signorilità. Abitava da anni in quella zona e mai si sarebbe voluto spostare dal suo quartiere dove aveva le sue conoscenze e le sue abitudini. Scese gli ultimi gradini e vide la guardiola illuminata.

- Buongiorno cavaliere! Ha visto? S’è rimesso al bello. – salutò il portiere dall’interno.

- Buongiorno Giulio, speriamo mantenga. – rispose laconicamente l’uomo.

Giulio, un ex bracciante proveniente dal leccese, era il portiere del palazzo da oltre trent’anni, conosceva tutto di tutti, e con tutti si mostrava serio e disponibile. Dispensava ai condomini titoli e qualifiche a volte superiori al loro grado, ma ci teneva proprio all’attributo, e come tanti meridionali chissà cosa avrebbe fatto per aggiungere una croce onorifica alle tante croci che già angustiavano la sua numerosa famiglia.

Il nostro cavaliere odiava quel titolo! (un po’ meno quello di ‘ingegnere’ con cui da giovane lo gratificavano spesso). Era per tutti ‘solo’ il signor Ernesto Bonazzi, un ex dirigente tecnico di una grande multinazionale. Da tempo aveva superato l’età della pensione ed ora si dirigeva verso il parco ravvivato in quel pomeriggio da un radente sole ottobrino che richiamava sulle panchine altri anziani, giovani e carrozzine.

Affacciatosi alla finestra di prima mattina (si svegliava presto e non era solito poltrire) si era voltato da quella parte e aveva notato quelle fronde quasi spoglie offuscate da una densa nebbia. Poi il sole aveva schiarito l’aria e una tiepida brezza aveva accompagnato quella luce invitando tutti ad uscire. Ora i suoi passi sulla ghiaia si muovevano verso la panchina preferita, dove l’estate rami ben vestiti lo riparavano dal sole e una siepe alle spalle lo proteggeva da fastidiose correnti. E le tante foglie gialle e ramate al suolo, gli ricordarono un verso di Ungaretti: “Si sta come d’autunno, sugli alberi le foglie.” Beh! Meglio non pensarci!

Si sedette per riprendere la lettura di Mal di Galleria di Giuseppe Marotta, un piccolo Oscar gradevole e ben scritto sulla Milano anni ’50. Girando lo sguardo notò poco lontano alcuni ragazzotti che in uno spiazzo scoperto si rincorrevano dietro un pallone, mentre nella panchina dinanzi a lui, tre giovani sui sedici anni in apnea su telefonino o qualcosa del genere sedevano silenziosi tra loro come degli sconosciuti.

Ecco; il telefonino! Prima di quello lui aveva affettuosamente odiato il suo antenato: il telefono da muro, poi da tavolo. Ti costringeva a rispondere alle ore più impensate, nei momenti critici, dagli angoli... più reconditi, e a volte per una semplice stupidaggine. Però ammetteva che era stata una novità utilissima; senza uscir di casa e senza perdere tempo si poteva decidere e ordinare qualsiasi cosa! Ricordava spesso quando - lui ragazzo - suo nonno o gli zii mezzadri dovevano ‘attaccare il cavallo per andare dal padrone’ a Perugia (18 chilometri!), solo per accordarsi su un incontro al mercato del bestiame o sulla data di certi lavori stagionali!

Ed ora quest’altra diavoleria! Cellulare, tablet, iPhone, iPad… o non so che altro, coi quali ci si può collegare tramite questo benedetto Internet per conoscere, comunicare, reperire chiunque in qualsiasi parte del globo. E’ vero, una cosa straordinaria, utilissima. Però se avete notato, mentre si cerca di comunicare con tutti, le moderne tecnologie hanno eretto sempre nuove barriere all’interno della famiglia. Un tempo si dialogava in casa in qualunque momento della giornata. Poi per prima venne la televisione (un solo apparecchio, in sala!) e conversazioni sbrigative solo a pasto! E dopo cena: coprifuoco! Mentre la famiglia era schierata al buio di fronte a quel totem luminescente, c’era sempre qualcuno che: “Zitti! Non si capisce!”.

Oggi infine è arrivato il cellulare. E’ ora di pranzo; sono tutti a tavola e alla mamma che sta girando tra i piatti a un tratto qualcosa cade dal mestolo sul collo del giovanotto che sta battendo il suo messaggino. Ma lui sì e no che se ne accorge! Imperturbabile e silenzioso seguita a svagare sui tasti sempre masticando; e a lui naturalmente… “Nessun parli!”.

Ernesto accettava tutto, erano i tempi! Oltre a tante banalità il progresso aveva portato grandi innovazioni tecnologiche in ogni settore. Ovviamente egli non seguiva come tanti l’evoluzione informatica, ma aveva visto ad esempio che da un computer potevano uscire disegni geometrici, planimetrie, sezioni, prospettive di oggetti e fabbricati in minor tempo di quanto impiegava da studente a tirare due perpendicolari con riga e squadra.

Tutto bene, ma ciò che mal sopportava era l’indifferenza che specie i più giovani mostravano dinanzi a tante meraviglie. Questi, dal momento che non riuscivano a spiegare l’impenetrabile funzionamento di tali apparecchi, li usavano come se tutto fosse scontato e naturale. Come se un telefonino nascesse su un albero, un semplice frutto come una mela o un caki. Mai che il cervello scantonasse una volta verso il nome di tanti scienziati del secolo scorso (Marconi, Hertz…..) che da veri pionieri avevano promosso e permesso questi risultati. Raro uno sguardo alla storia, un pensiero agli eventi e agli uomini del passato.

Benedetti ragazzi! Ma non è solo colpa loro, questa l’educazione del tempo.

Tra queste divagazioni non ha ancora ripreso la lettura del suo libro, quando a un certo punto si ricorda che sua figlia Clara quella mattina - come quasi ogni giorno - gli ha mandato un sms confermando le sue buone condizioni con la richiesta di avere notizie di tutti loro.

Clara era la maggiore dei suoi tre figli, un ragazza piuttosto indipendente laureata in lingue, e grande appassionata di viaggi. Proprio durante uno di questi aveva incontrato un’amica che le aveva consigliato di partecipare a un concorso indetto dalla la Comunità Europea. Clara non ci aveva pensato due volte ed in breve era stata assunta e destinata presso una sezione americana con sede a New York. Un’ottima sistemazione, guadagnava bene, ma sentiva una grande nostalgia dei suoi.

Deve rispondere a Clara. Usava il cellulare essenzialmente con gli sms (si risparmiava!) e aveva pratica ormai di messaggi. Il testo è pronto: rassicurazioni, solite raccomandazioni e scarse novità; poche parole e come si dice: “Nessuna nuova, buona nuova”.

Prima di dare l’invio, si guarda intorno: “Ma da che parte è l’America?” Ad ogni sms faceva istintivamente sempre così, girava l’apparecchio vero la direzione giusta, come per favorire il percorso del messaggio. Alzando lo sguardo vede alcuni uccellini che si esibiscono in prodigiose evoluzioni.. Uno gli sfreccia a qualche metro e senza esitare decide: “Ecco, lo do a questo!”. Invio!

In quell’assurdo fantasioso connubio, si adagia a pensare che proprio quell’uccellino porterà a Clara il suo messaggio. Infatti il piccolo si è librato subito in verticale, resta sospeso per un attimo, poi via deciso verso est. Ha preso la direzione giusta!

Ora spazia nell’infinito azzurro, e non é solo. Altri uccellini volano con altri messaggi. Tanti! Qualcuno meno veloce (ha forse un sms più lungo, più pesante) e di tutti i paesi. Ce ne sono di neri, vengono dallo Zambia diretti in Svezia (resisteranno al freddo?), altri con gli occhi a mandorla forse sono giapponesi (hanno fatto il giro per di là), altri ancora con un gran cappottone di penne (sicuramente siberiani) ed è tutto un incrociarsi fitto di traiettorie veloci, in tutti i sensi.

Ma in quel marasma di voli non vi sono solo piccoli pennuti. Vi è anche un bel campionario di ‘pezzi grossi’. Ora il nostro amico (lo chiameremo Flic) è affiancato da un ‘collega’ bello robusto che lo supera in velocità. Porta dipinta sulle ali la Stars and Stripes americana; viene sicuramente dall’ambasciata di Palazzo Margherita in Via Veneto, missione diplomatica, precedenza assoluta. Flic lo vede sparire lontano tra una nuvola di polvere (stellare!). Alla sua sinistra, un altro volatile in bombetta e completo scuro sembra un banchiere della City. Vola impettito ma circospetto; sicuramente porta con sè un sms-vaglia con diversi zeri e si guarda bene intorno, timoroso di qualche malintenzionato.

E Flic procede sul suo percorso. Ad un tratto scorge sotto di lui l’estremo lembo della penisola di Terranova. E’ quasi arrivato e, orgoglioso di quella missione, si sente un ‘Lindemberg di ritorno’. Anche se non c’è nessuno ad accoglierlo non importa; ora deve trovare Clara, deve consegnarle il messaggio.

Sorvolando la costa volerà verso sud per altri 200 chilometri circa poi New York. In lontananza i primi grattacieli; scende per l’Hudson River, si dirige su Manhattan, sorvola il meraviglioso Central Park ed ecco il Chrysler Building al 405 della Lexington Avenue. Lì c’è Clara! Le pareti del grattacielo sono una vetrata unica. Non uno spiraglio per entrare, tutto chiuso per l’aria condizionata. Però… non sa come si ritrova dentro, al 53° piano dove c’è l’ufficio di Clara; nel cassetto della scrivania c’è il suo cellulare. Scarica subito l’sms: prima la maiuscola poi vocali e consonanti in ordine, punteggiatura, firma ‘Papà’, in un attimo. Missione compiuta… ma Flic è sparito!.

Il ‘Cavaliere’ sa che il suo messaggio è arrivato. Clara ha sentito il ‘bip’ e lo sta leggendo. Sul volto di Ernesto affiora un sorriso di compiacimento (ma per chi?).

Intanto i tre della panchina di fronte se ne sono andati e dalla strada si sta avvicinando un bel gruppo di ragazzini guidati da alcuni giovani sui vent’anni. I piccoli sono tutti affetti dalla sindrome di Down, ed i più grandi, sicuramente studenti dediti al volontariato, li accompagnano per una passeggiata scherzando e giocando con loro. Una scena toccante, un impegno encomiabile che fa cambiare idea su tante cose e invita all’ottimismo. Questi giovani sono capaci di gesti che in tempi passati erano impensabili. Forse si dovrebbe concedere molto di più a questa nuova generazione.

Si sta facendo scuro. Ernesto guarda l’orologio e vede che è ora di tornare. Ripone il libro che aveva portato e che non ha letto, infila il cellulare nel taschino, ma d’improvviso… non è il solito contatto sente qualcosa di morbido, vivo, come delle calde piume tremolanti…

Mario Scappini

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