Laerzio Cherubini
Nacque a Norcia intorno alla metà del sec. XVI. Dalla città natale si trasferì presto "povero fante" a Roma, dove conseguì la laurea in diritto e cominciò una brillante carriera di avvocato penalista e civilista. Ricoprì numerose cariche nell'amministrazione pontificia, la più importante delle quali fu senz'altro quella di Conservatore di Roma nel 1601. Fu anche luogotenente per le cause civili del governatore di Roma, giudice criminale a Viterbo, giudice "secondo collaterale" in Campidoglio.
Sposò una compaesana da cui ebbe quattro figli maschi (Fausto, primogenito, Alessandro, Angelo Maria e Flavio) e una femmina.
La data di morte, generalmente indicata nel o intorno al 1626, va fissata tra il 1623 e il 1631.
Al nome del Cherubini è legata la più importante raccolta di bolle pontificie, il Bullarium, la cui prima edizione venne stampata nel 1586.
Alla base della raccolta erano motivi pratici più che reali interessi nella ricerca storica: nel corso dell'attività professionale Laerzio si era imbattuto in centinaia di bolle, la cui raccolta avrebbe fornito a giudici e avvocati un utile strumento di lavoro.
Le dimensioni dell'opera indussero il figlio Flavio, canonico di S. Maria in via Lata, a darne un riassunto (Compendium Bullarii a Laertio Cherubino patre nuper editi a B. Leone Primo usque ad Paulum V, Romae 1623). Un altro figlio, Angelo Maria, monaco benedettino cassinese che aveva pronunciato i voti nel monastero romano di S. Paolo fuori le Mura il 14 sett. 1625, continuò la raccolta paterna aggiungendovi un quarto volume con bolle degli ultimi tre papi, compreso il regnante Urbano VIII (Laertii Cherubini iuris consulti Romani olim in Urbe praestantissimi Advocati Bullarium sive nova Collectio reliquarum constitutionum Apostolicarum Pauli Quinti,Gregorii Decimiquinti et S. D. N. Urbani Octavi. Opus posthumum ab eo non absolutum,ac diu desideratum... Tomus Quartus, Romae 1631).
Cherubini fu anche un patrono delle arti, nonchè il proprietario dell'edificio in cui si trovava lo studio di Caravaggio nell'odierno vicolo del Divino Amore (ai tempi vicolo S. Biagio), e nel giugno 1601 commissionò a Caravaggio la “Morte della Vergine” per adornare l’altare della cappella di famiglia, ma il quadro venne rifiutato dai padri reggitori della chiesa di Santa Maria della Scala in cui la cappella era ospitata e il dipinto fu venduto (grazie alla mediazione di Rubens) a Vincenzo I Gonzaga, Duca di Mantova.
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